Studio di Psicologia e Psicoterapia "Ecotono"

- Dr. Andrea Bramucci

R come Rabbia

La rabbia è un'emozione scomoda. Però è un segnale che ci indica che un "confine" dentro o fuori di noi è stato attraversato. Possiamo negarcela oppure esploderla ma entrambe le soluzioni ci aiutano. Accettare la rabbia è invece il primo passo per poterla conoscere e magari farla diventare una nostra alleata.  Trovate "R come rabbia" al seguente link: https://www.amazon.it/R-come-rabbia-Andrea-Bramucci/dp/8830809837

R come Rabbia

Oggi in questi tempi difficili e bui è bene rivisitare l’emozione della rabbia…

Dacci oggi le nostre rabbie quotidiane

Ad ogni giorno basta il suo male, recita il Vangelo di Matteo.

Ed ogni giorno possiamo accumulare una quota di arrabbiature: banali episodi, il sugo che si brucia o una telefonata di scocciatori, fino a situazioni ben più complesse, un incidente stradale oppure una litigata furiosa con un caro amico.

Un primo livello di rabbie quotidiane, collegate spesso ad un giudizio impietoso verso di sé e con sfumature di delusione, è relativo all’individuo e influisce sul nostro livello di autostima: riguarda le aree del sentire – mi fa arrabbiare che continuo a sentirmi triste! – del pensare – che rabbia questi pensieri che mi disturbano! – dell’agire – quanto mi farà inc…are aprire questa porta, non ci riesco mai! o anche quando riteniamo di aver tradito o non difeso le nostre idee e i valori in cui crediamo: perché ho detto questa cosa?, perché non ho fatto nulla?:

Un secondo livello riguarda le relazioni istantanee. Negli incontri occasionali e sporadici può scattare la dinamica del misunderstanding, l’incomprensione, causata da gesti più o meno intenzionali – una porta sbattuta forte, un saluto mancato, un comportamento invadente, a cui segue la domanda non proferita: perché mi tratta così male? cosa gli ho fatto?

Questi episodi ci possono provocare irritazione, come punture di zanzara, e se in un arco di tempo ristretto si ripetono, anche da persone da cui non ce lo aspettiamo, possono condizionare l’umore della nostra giornata.

Spesso l’arrabbiatura, piccola o grande, è determinata da due aspetti che hanno poco a che fare con l’accadimento in sé: il grado di arousal, il trasferimento dell’emozione.

L’arousal, o attivazione, è la reattività del sistema nervoso ed indica la relazione tra intensità dello stimolo e ampiezza della risposta. Per ogni individuo e per ogni situazione diversa il soggetto può attivarsi molto o poco a seconda di stati interni attuali e precedenti. Può succedere anche di provare rabbia, senza conoscerne le cause. Ciò può dipendere da processi interni di attivazione, ma può dipendere anche da un sogno che ci trasciniamo nel risveglio, o da altre dinamiche psichiche o fisiologiche.

In termini meno scientifici e più quotidiani possiamo ritrovare il concetto di veloce attivazione della rabbia in espressioni quali: ti accendi subito, si infiamma tutto.

Magari l’accendersi è connesso ai propri punti deboli quelli dove ci sentiamo più scoperti, più vulnerabili, che dobbiamo difendere, da bambini si colpisce proprio lì dove fa più male! Così la paura e la vergogna che le nostre incapacità siano scoperte e ridicolizzate si rivolge in rabbia.

Ma il luogo migliore per esprimere la propria rabbia è in assoluto, l’automobile.

Quando guidiamo possiamo tirare fuori tutti i nostri lati peggiori e sfogare in libertà, specialmente se siamo soli, tutto il nostro repertorio di epiteti e parolacce verso gli altri che, a nostro giudizio, hanno sempre torto.

Per qualcuno la guida dell’auto è catartica, poiché dentro quella piccola casetta di ferro può finalmente accedere all’emozione della rabbia senza doversi giustificare con sé e senza doverla camuffare con gli altri. L’auto diventa una specie di territorio autorizzato a dire, e purtroppo a volte a fare, ciò che al di fuori del mezzo non ci sogneremmo mai di mettere in atto.

Nell’auto sembrano scattare due meccanismi psicologici regressivi che autorizzano l’esplodere di rabbie e aggressività distruttive: la lesa maestà e il nascondimento.

Prendo in prestito dalla storia romana il concetto di crimine della Lex Iulia maiestatis: sono in automobile voglio andare come dico io, gli altri non mi devono disturbare, non si devono mettere in mezzo, non devono mettere in dubbio la mia autorità!

La guida dell’auto facilita l’assenza di responsabilità, vedi le triste storie dei cosiddetti pirati della strada che fuggono dopo aver procurato l’incidente; nella macchina siamo meno riconoscibili, possiamo camuffarci, possiamo nasconderci…

Un altro contesto di manifestazione delle rabbie quotidiane è il luogo di lavoro.

Il lavoro ha assunto oggi una centralità nell’esperienza reale e simbolica del soggetto, sostituendo per molti aspetti l’ambiente familiare. Nella professione si ricercano gratificazioni, amicizie e qualche volta si intrecciano affinità amorose, spesso con un bell’incastro di ruoli. Il lavoro produce anche stress, tensioni, disagi, che spesso riteniamo inevitabili.

Una prima valutazione sulle dinamiche nel contesto professionale tra ciò che è normale, o per meglio dire adeguato, e ciò che invece è patologico, o pervasivo e forma una figura fissa, riguarda la qualità e la persistenza dei pensieri e il tipo di vissuto emotivo. Il tema delle relazioni professionali occupa ormai molto spazio nelle sedute di psicoterapia.

Frustrazioni, incapacità di comunicare, conflitti impliciti ed espliciti che si prolungano nel tempo e che sono percepiti come condizioni immutabili, possono innescare processi molto pericolosi, a livello psicofisico.

Nelle relazioni intime viviamo i sentimenti più forti: piacevoli, dolorosi o rabbiosi, che fanno dire al poeta Coleridge: …essere adirato con chi si ama,/agisce come la pazzia nel cervello!

Oltre alle rabbie che scaturiscono dalla paura di essere abbandonati o che

permettono di separarsi, soprattutto nella coppia si manifestano altre forme di arrabbiatura più legata alle aspettative reciproche. Dopo tanti anni che stiamo insieme perché non capisce questa cosa? Ecco una frase tipica, in cui chi la pronuncia vorrebbe non dire, non spiegare, essere capito al volo…e il fatto che non avvenga procura irritazione e malumore.

Se è vero che la rabbia ci spaventa e ci allontana, perché ci fa paura, occorre entrare nella specifica rabbia della persona: qual è la sua origine, che cosa vuole dire, come attraversare il muro della rabbia per andare oltre?

La dinamica figura-sfondo dell’approccio gestaltico ci permette di leggere e dare un significato a ciò che accade nel presente.

La rabbia che esplode in questo momento che è in figura e occupa tutta la scena, è incomprensibile se non si conosce ciò che è successo prima o di che cosa si nutre tale sentimento, se non andiamo a collocarla sullo sfondo narrativo della persona.

Il nostro stare emotivo è strettamente connesso a processi più indiretti e complessi come le sottili reti dei rapporti che costituiscono la comunità di riferimento, le idee e la cultura in cui siamo immersi, la storia di cui facciamo parte, le spinte al cambiamento e al domani che ci indirizzano e ci guidano.

Nella società globalizzata siamo continuamente attraversati da notizie, investiti da fenomeni mondiali, sottoposti a stress emozionali per fatti magari lontani ma che comunque ci riguardano.

Di fronte a tutto ciò, proviamo tante emozioni, spesso rabbia, magari per un senso di impotenza, ma questo sentire, di rabbia, paura o sconcerto, influenza in modo più o meno implicito il nostro vivere sociale, la nostra speranza, la nostra percezione sul mondo e ricade direttamente sul nostro agire.

In ogni caso è molto evidente nel quotidiano il rapporto tra macro campo e micro campi del sè .

Tra il controllare la rabbia e lo sfogarla con tutte le dannose conseguenze che ciascuno di noi conosce bene per esperienza diretta, c’è una terza possibilità: accettarla.

Accettare che ci prende all’improvviso, accettare che non possiamo sempre evitarla, accettare che se ci arrabbiamo non siamo sbagliati, anche se non è detto che abbiamo ragione!

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